Il film è girato e ambientato nella Napoli degli anni ’70, una città allo stesso tempo trasgressiva e poetica, colorata e malinconica, specie nelle scene al mare d’inverno o sotto la pioggia. Peppino è un bambino “speciale”, che compensa la sua solitudine con una fervida immaginazione. È circondato da una famiglia piuttosto sopra le righe.
La madre Rosaria la mattina lo accompagna a scuola passando per le vie del centro storico e attraverso la Galleria Umberto I. Un giorno, all’uscita da scuola, per comunicargli che il cugino Gennaro, che si crede Superman, è morto, si siede con lui a bordo della fontana del chiostro dell’Educandato della Chiesa di Sant’Eligio Maggiore, nell’omonima via di Napoli, a pochi metri dal cortiletto dove i compagni di scuola giocano a pallone usandolo come palo.
Le casette colorate di Procida accolgono Rosaria e Peppino, in quel viaggio che per la donna ha il sapore del rimpianto della giovinezza lontana, mentre da Terra Murata, borgo fortificato sul punto più alto dell’isola, descrive al figlio quello che lui non può vedere, per la miopia di lui e perché vivo solo nei ricordi di lei.
Gli zii Titina e Salvatore sono due hippie in cerca della propria identità, tra collettivi femministi dove non ci si preoccupa di mostrare la propria nudità e feste in discoteca, in cui, tra droghe sintetiche e liberi costumi, vige la trasgressione più totale. Durante uno di questi incontri, alla Mostra d’Oltremare, un gruppo di studenti greci li convolge in un allegro sirtaki.
Il padre, fedifrago e impacciato, fa quel che può: deve dividersi tra moglie depressa, amante esigente e figlio da distrarre, magari sulle giostre a Piazza Mercato, mentre lui si intrattiene poco lontano.
Tutti troppo distratti per occuparsi di Peppino, tutti tranne Gennaro, che, morto da umano, ricompare Superman per stargli accanto nei momenti più difficili, a scuola, a casa, in spiaggia e, dopo un volo notturno, all’ex cittadella monastica Suor Orsola Benincasa, dove i due omaggiano la città che si sta risvegliando all’alba, il Vesuvio di fronte ai loro sguardi, e si dicono reciprocamente addio.
Il film è girato e ambientato nella Napoli degli anni ’70, una città allo stesso tempo trasgressiva e poetica, colorata e malinconica, specie nelle scene al mare d’inverno o sotto la pioggia. Peppino è un bambino “speciale”, che compensa la sua solitudine con una fervida immaginazione. È circondato da una famiglia piuttosto sopra le righe.
La madre Rosaria la mattina lo accompagna a scuola passando per le vie del centro storico e attraverso la Galleria Umberto I. Un giorno, all’uscita da scuola, per comunicargli che il cugino Gennaro, che si crede Superman, è morto, si siede con lui a bordo della fontana del chiostro dell’Educandato della Chiesa di Sant’Eligio Maggiore, nell’omonima via di Napoli, a pochi metri dal cortiletto dove i compagni di scuola giocano a pallone usandolo come palo.
Le casette colorate di Procida accolgono Rosaria e Peppino, in quel viaggio che per la donna ha il sapore del rimpianto della giovinezza lontana, mentre da Terra Murata, borgo fortificato sul punto più alto dell’isola, descrive al figlio quello che lui non può vedere, per la miopia di lui e perché vivo solo nei ricordi di lei.
Gli zii Titina e Salvatore sono due hippie in cerca della propria identità, tra collettivi femministi dove non ci si preoccupa di mostrare la propria nudità e feste in discoteca, in cui, tra droghe sintetiche e liberi costumi, vige la trasgressione più totale. Durante uno di questi incontri, alla Mostra d’Oltremare, un gruppo di studenti greci li convolge in un allegro sirtaki.
Il padre, fedifrago e impacciato, fa quel che può: deve dividersi tra moglie depressa, amante esigente e figlio da distrarre, magari sulle giostre a Piazza Mercato, mentre lui si intrattiene poco lontano.
Tutti troppo distratti per occuparsi di Peppino, tutti tranne Gennaro, che, morto da umano, ricompare Superman per stargli accanto nei momenti più difficili, a scuola, a casa, in spiaggia e, dopo un volo notturno, all’ex cittadella monastica Suor Orsola Benincasa, dove i due omaggiano la città che si sta risvegliando all’alba, il Vesuvio di fronte ai loro sguardi, e si dicono reciprocamente addio.
Napoli, 1973. Peppino è un bambino occhialuto e solitario con una famiglia ingombrante e distratta. Ha per amico immaginario un cugino “speciale” come lui, che, da morto, gli ricompare nei panni di Superman.