“Noi diciamo che al centro del mondo c’è un monte altissimo, il Sumeru. Intorno al Sumeru ci sono otto montagne e otto mari. Questo è il mondo per noi”.
Il film Le otto montagne ha voluto cogliere con le immagini gli stessi luoghi descritti da Paolo Cognetti nell’omonimo romanzo premio Strega 2017. L’ambientazione principale è dunque quella valdostana, dove Felix van Groeningen e Charlotte Vandermeersch hanno vissuto per un anno, cercando di coglierne l’essenza.
Durante un’estate della sua infanzia Pietro conosce Bruno l’ultimo bambino dello sperduto villaggio di montagna di Graines (o Grana, frazione del comune di Brusson in val d’Ayas). “Il paese sembrava fatto della stessa pietra grigia della montagna, e le stava addosso come un affioramento di rocce, un’antica frana; un po’ più in alto pascolavano le capre”. I genitori di Pietro hanno qui una casa in affitto: si tratta della vecchia scuola, trasformata in un museo di storia locale dalla Consorteria di Graines. La scuola è oggetto di interventi di migliorie e ampliamento grazie a fondi europei e al contributo offerto dalla produzione in cambio dell’uso degli spazi.
Bruno passa invece l’estate con lo zio in un alpeggio, che poi riscatterà da adulto: si trova a Lavassey, a 2.000 metri, ad un’ora a piedi da Estoul. Un cammino un po’ più lungo è richiesto per raggiungere la Barma Drola, dove Pietro costruisce la sua casa con l’aiuto dell’amico, per la quale è stato scelto un vecchio alpeggio privato, diroccato, in località Merendioux che la produzione ha in parte ristrutturato. Di fronte alla Barma Drola si trova il Bieteron, ovvero quello che gli abitanti del posto chiamano indistintamente Grenon “la montagna di Grana”. Lo stesso vale per il lago Grenon, che nella realtà è il lago di Frudieres distante da Graines 2-2,30 h a piedi.
Nonostante si vedano solo durante la stagione estiva, Pietro e Bruno riescono a stringere un legame fortissimo fin da bambini, mentre esplorano la natura che li circonda: il mulino dove cercano di smuovere una ruota da far rotolare nel fiume è un edificio diruto di Brusson. Sempre qui in un bar (bar ristorante La Boule) si rincontreranno brevemente da adolescenti quando le loro vite sembreranno aver preso strade opposte. Il ristorante di Lara, la donna entrata nella loro vita da adulti, si trova a Estoul (Il pranzo di Babette).
Uno dei momenti più significativi dell’infanzia di Pietro è una gita al ghiacciaio con il padre in cui viene coinvolto anche Bruno. I tre passano la notte presso il rifugio Mezzalama per poi partire il giorno dopo verso la loro meta. Pietro, sensibile all’aria rarefatta, si sente male proprio sul ghiacciaio davanti ad un crepaccio: la scena è girata in zona colle Felik nel massiccio del monte Rosa; alcune scene della passeggiata verso il ghiacciaio sono state girate al pian di Verra di Champoluc, che guarda al monte Rosa.
La seconda anima del film, che si alterna alle montagne, è la città, percepita a fasi alterne come asfissiante, lontana o liberatoria: il film è stato infatti girato anche a Torino, in locali del centro – il ristorante Le Vigne al quadrilatero romano, il Mad Dog Social Club, luoghi di lavoro del protagonista – e nelle aree metropolitane, come corso Trieste.
Una parte del film è infine ambientata in Nepal.
VEDI ANCHE:
“Noi diciamo che al centro del mondo c’è un monte altissimo, il Sumeru. Intorno al Sumeru ci sono otto montagne e otto mari. Questo è il mondo per noi”.
Il film Le otto montagne ha voluto cogliere con le immagini gli stessi luoghi descritti da Paolo Cognetti nell’omonimo romanzo premio Strega 2017. L’ambientazione principale è dunque quella valdostana, dove Felix van Groeningen e Charlotte Vandermeersch hanno vissuto per un anno, cercando di coglierne l’essenza.
Durante un’estate della sua infanzia Pietro conosce Bruno l’ultimo bambino dello sperduto villaggio di montagna di Graines (o Grana, frazione del comune di Brusson in val d’Ayas). “Il paese sembrava fatto della stessa pietra grigia della montagna, e le stava addosso come un affioramento di rocce, un’antica frana; un po’ più in alto pascolavano le capre”. I genitori di Pietro hanno qui una casa in affitto: si tratta della vecchia scuola, trasformata in un museo di storia locale dalla Consorteria di Graines. La scuola è oggetto di interventi di migliorie e ampliamento grazie a fondi europei e al contributo offerto dalla produzione in cambio dell’uso degli spazi.
Bruno passa invece l’estate con lo zio in un alpeggio, che poi riscatterà da adulto: si trova a Lavassey, a 2.000 metri, ad un’ora a piedi da Estoul. Un cammino un po’ più lungo è richiesto per raggiungere la Barma Drola, dove Pietro costruisce la sua casa con l’aiuto dell’amico, per la quale è stato scelto un vecchio alpeggio privato, diroccato, in località Merendioux che la produzione ha in parte ristrutturato. Di fronte alla Barma Drola si trova il Bieteron, ovvero quello che gli abitanti del posto chiamano indistintamente Grenon “la montagna di Grana”. Lo stesso vale per il lago Grenon, che nella realtà è il lago di Frudieres distante da Graines 2-2,30 h a piedi.
Nonostante si vedano solo durante la stagione estiva, Pietro e Bruno riescono a stringere un legame fortissimo fin da bambini, mentre esplorano la natura che li circonda: il mulino dove cercano di smuovere una ruota da far rotolare nel fiume è un edificio diruto di Brusson. Sempre qui in un bar (bar ristorante La Boule) si rincontreranno brevemente da adolescenti quando le loro vite sembreranno aver preso strade opposte. Il ristorante di Lara, la donna entrata nella loro vita da adulti, si trova a Estoul (Il pranzo di Babette).
Uno dei momenti più significativi dell’infanzia di Pietro è una gita al ghiacciaio con il padre in cui viene coinvolto anche Bruno. I tre passano la notte presso il rifugio Mezzalama per poi partire il giorno dopo verso la loro meta. Pietro, sensibile all’aria rarefatta, si sente male proprio sul ghiacciaio davanti ad un crepaccio: la scena è girata in zona colle Felik nel massiccio del monte Rosa; alcune scene della passeggiata verso il ghiacciaio sono state girate al pian di Verra di Champoluc, che guarda al monte Rosa.
La seconda anima del film, che si alterna alle montagne, è la città, percepita a fasi alterne come asfissiante, lontana o liberatoria: il film è stato infatti girato anche a Torino, in locali del centro – il ristorante Le Vigne al quadrilatero romano, il Mad Dog Social Club, luoghi di lavoro del protagonista – e nelle aree metropolitane, come corso Trieste.
Una parte del film è infine ambientata in Nepal.
VEDI ANCHE:
Wildside, Pyramide productions, Rufus, Menuetto film, Vision Distribution
Festival de Cannes 2022: Premio della giuria / David di Donatello 2023: Miglior Film - Miglior sceneggiatura non originale (Felix van Groeningen, Charlotte Vandermeersch) - Miglior autore della fotografia (Ruben Impens) - Migliore suono (presa diretta: Alessandro Palmerini; post-produzione: Alessandro Feletti; mix: Marco Falloni)
L’amicizia tra due bambini che, divenuti uomini, cercano di prendere le distanze dalla strada intrapresa dai loro padri ma, per le vicissitudini e le scelte che si trovano ad affrontare, finiscono sempre per tornare sulla via di casa. Pietro è un ragazzino di città, Bruno è l’ultimo bambino di uno sperduto villaggio di montagna. Negli anni, Bruno rimane fedele alle sue montagne, mentre Pietro è quello che va e viene.