A Firenze infuria la peste con il suo carico di disumanità, superstizione e morte. Tra gente disperata e cumuli di corpi senza vita, un gruppo di uomini e donne cammina in Piazza Duomo a Pistoia con in mano un mazzo di fiori, nella convinzione di poter, in tal modo, allontanare da sé il flagello. Della Firenze trecentesca si riconoscono il Campanile di Giotto e il Bargello, mentre molte delle scene iniziali sono girate a Pistoia.
In mezzo a tanta distruzione, dieci giovani ricercano la voglia di vivere rifugiandosi in campagna e qua passano il tempo raccontando storie. Il luogo prescelto per le riprese è Villa La Sfacciata che gode di una meravigliosa vista su Firenze e sui monti che la circondano.
Le location utilizzate per girare le cinque novelle spaziano tra la Toscana e il Lazio. In Toscana ritroviamo Pienza, (in particolare il Castello di Spedaletto e Torre Tarugi), il Castello Romitorio a Montalcino, Piazza Grande a Montepulciano, il Castello di Potentino a Seggiano, Badia a Settimo, nel comune di Scandicci. Nel Lazio sono stati scelti il Castello Odescalchi a Bassano Romano, il Castello di Montecalvello vicino Viterbo, costruito nel Medioevo dal re longobardo Desiderio e reso famoso dal pittore contemporaneo Balthus, l’Abbazia di Sant’Andrea in Flumine, in provincia di Roma e la Basilica Benedettina di Sant’Elia nel viterbese.
Il primo dei racconti mostra Messer Gentil de' Carisendi in ansia per la sorte dell’amata Catalina. Lo vediamo attendere, zuppo di pioggia, accanto al Pozzo dei Grifi e dei Leoni, sotto la dimora di lei che si presuppone essere Palazzo Nobili-Tarugi (attribuito a Antonio da Sangallo il Vecchio): siamo a Montepulciano, in Piazza Grande, di cui, un altro scorcio, quello dell’inconfondibile Duomo, ci viene regalato dalla finestra della camera da letto dell’inferma. Gli uomini che hanno l’ordine di trasportare Catalina lontano dal palazzo, credendola morta, la lasciano in una chiesetta abbandonata tra le colline della Val d’Orcia: è la Cappella della Madonna di Vitaleta, nel Territorio di San Quirico. Messer Gentil de' Carisendi la ritrova, scopre che è ancora viva e la porta con sé nella sua tenuta, per ambientare la quale è stato scelto il Castello Romitorio a Montalcino.
La seconda novella è quella di Calandrino, che, credendosi invisibile a causa di uno scherzo giocatogli da due compari, si diverte a far mattate lungo Corso Rossellino a Pienza e nei vicoli circostanti.
La dimora del Principe Tancredi, che osteggia a tutti i costi l’amore tra la figlia Gismunda e Guiscardo nella terza novella è il Castello di Spedaletto, a Pienza.
La quarta novella narra della badessa Usimbalda che, con in testa le braghe del prete con cui si stava intrattenendo prima di essere svegliata dalle monache del suo convento, sta severamente rimproverando Suor Isabetta, sorpresa mentre fa lo stesso nella sua cella con l’uomo di cui è innamorata.
Nella quinta novella, il giovane Federigo degli Alberighi è innamorato, non corrisposto, di Giovanna. Perduto tutto il suo patrimonio si rifugia con il suo falcone a Torre Tarugi, a Pienza, nell’unica proprietà rimastagli. Passa il tempo e Giovanna, rimasta vedova, si ritira in campagna col figlioletto malato: il podere prescelto per le riprese è il Castello di Potentino a Seggiano (GR), risalente all’anno 1000.
A Firenze infuria la peste con il suo carico di disumanità, superstizione e morte. Tra gente disperata e cumuli di corpi senza vita, un gruppo di uomini e donne cammina in Piazza Duomo a Pistoia con in mano un mazzo di fiori, nella convinzione di poter, in tal modo, allontanare da sé il flagello. Della Firenze trecentesca si riconoscono il Campanile di Giotto e il Bargello, mentre molte delle scene iniziali sono girate a Pistoia.
In mezzo a tanta distruzione, dieci giovani ricercano la voglia di vivere rifugiandosi in campagna e qua passano il tempo raccontando storie. Il luogo prescelto per le riprese è Villa La Sfacciata che gode di una meravigliosa vista su Firenze e sui monti che la circondano.
Le location utilizzate per girare le cinque novelle spaziano tra la Toscana e il Lazio. In Toscana ritroviamo Pienza, (in particolare il Castello di Spedaletto e Torre Tarugi), il Castello Romitorio a Montalcino, Piazza Grande a Montepulciano, il Castello di Potentino a Seggiano, Badia a Settimo, nel comune di Scandicci. Nel Lazio sono stati scelti il Castello Odescalchi a Bassano Romano, il Castello di Montecalvello vicino Viterbo, costruito nel Medioevo dal re longobardo Desiderio e reso famoso dal pittore contemporaneo Balthus, l’Abbazia di Sant’Andrea in Flumine, in provincia di Roma e la Basilica Benedettina di Sant’Elia nel viterbese.
Il primo dei racconti mostra Messer Gentil de' Carisendi in ansia per la sorte dell’amata Catalina. Lo vediamo attendere, zuppo di pioggia, accanto al Pozzo dei Grifi e dei Leoni, sotto la dimora di lei che si presuppone essere Palazzo Nobili-Tarugi (attribuito a Antonio da Sangallo il Vecchio): siamo a Montepulciano, in Piazza Grande, di cui, un altro scorcio, quello dell’inconfondibile Duomo, ci viene regalato dalla finestra della camera da letto dell’inferma. Gli uomini che hanno l’ordine di trasportare Catalina lontano dal palazzo, credendola morta, la lasciano in una chiesetta abbandonata tra le colline della Val d’Orcia: è la Cappella della Madonna di Vitaleta, nel Territorio di San Quirico. Messer Gentil de' Carisendi la ritrova, scopre che è ancora viva e la porta con sé nella sua tenuta, per ambientare la quale è stato scelto il Castello Romitorio a Montalcino.
La seconda novella è quella di Calandrino, che, credendosi invisibile a causa di uno scherzo giocatogli da due compari, si diverte a far mattate lungo Corso Rossellino a Pienza e nei vicoli circostanti.
La dimora del Principe Tancredi, che osteggia a tutti i costi l’amore tra la figlia Gismunda e Guiscardo nella terza novella è il Castello di Spedaletto, a Pienza.
La quarta novella narra della badessa Usimbalda che, con in testa le braghe del prete con cui si stava intrattenendo prima di essere svegliata dalle monache del suo convento, sta severamente rimproverando Suor Isabetta, sorpresa mentre fa lo stesso nella sua cella con l’uomo di cui è innamorata.
Nella quinta novella, il giovane Federigo degli Alberighi è innamorato, non corrisposto, di Giovanna. Perduto tutto il suo patrimonio si rifugia con il suo falcone a Torre Tarugi, a Pienza, nell’unica proprietà rimastagli. Passa il tempo e Giovanna, rimasta vedova, si ritira in campagna col figlioletto malato: il podere prescelto per le riprese è il Castello di Potentino a Seggiano (GR), risalente all’anno 1000.
Stemal Entertainment, Cinemaundici, Rai Cinema, Barbary Films
Ispirato al Decameron di Boccaccio: 10 giovani si ritirano in campagna per sfuggire alla peste che ha colpito Firenze, e per scacciare il tempo e la paura si raccontano delle novelle. Quelle narrate nel film sono 5:
- La novella di Messer Gentil de' Carisendi e Monna Catalina (X, 4)
- La novella di Calandrino e dell'eliotropia (VIII, 3)
- La novella narrante l'amore fra Ghismunda e Guiscardo osteggiato dal padre di lei, il principe Tancredi (IV, 1)
- La badessa e le brache del prete (IX, 2)
- Federigo degli Alberighi (V, 9)