Il regista bernaldese Rocco Ricciardulli gira tra ottobre e dicembre 2019 la sua opera seconda, L’ultimo Paradiso, a poche decine di chilometri dal suo paese di origine, nelle campagne della Murgia al confine tra Puglia e Basilicata. Un territorio bellissimo, sebbene aspro e brullo, fa da cornice ad una storia ispirata ad un fatto di cronaca realmente accaduto, che ruota attorno al caporalato, piaga mai estinta delle nostre martoriate terre. Siamo sul finire degli anni Cinquanta, quel periodo in cui ancora sono evidenti quelle prassi ancestrali di aristocrazia terriera in cui persistono mestieri antici e rigida divisione del lavoro, padroni e braccianti, oppressori e oppressi e il boom economico è lontano, nello spazio e nel tempo.
Nel cuore del Parco nazionale dell’Alta Murgia, arroccato a 400 metri sul banco calcareo della fossa bradanica, sorge il borgo di Gravina in Puglia, dove il tempo sembra essersi fermato. La macchina da presa ne immortala i vicoli, le antiche abitazioni e il suggestivo ponte dell'acquedotto che collega le due sponde del torrente Gravina. Tutto intorno, la natura selvaggia tra ulivi, macchia mediterranea e ettari di terra coltivabile regala la luce e i colori tipici di queste latitudini. Appena fuori dal centro abitato, alle pendici del colle di Botromagno, che dà il nome all’area archeologica pià grande della Puglia, sorge il Parco naturalistico di Capotenda incontaminato al punto da essere un perfetto sfondo campestre di fine anni Cinquanta.
L’alternativa al sopruso è lasciare queste terre, scelta che ha fatto Antonio, di cui facciamo la conoscenza ai piedi della fontana dei Quattro Continenti che adorna con le sue fattezze barocche la maestosa piazza Unità d’Italia a Trieste.
Il regista bernaldese Rocco Ricciardulli gira tra ottobre e dicembre 2019 la sua opera seconda, L’ultimo Paradiso, a poche decine di chilometri dal suo paese di origine, nelle campagne della Murgia al confine tra Puglia e Basilicata. Un territorio bellissimo, sebbene aspro e brullo, fa da cornice ad una storia ispirata ad un fatto di cronaca realmente accaduto, che ruota attorno al caporalato, piaga mai estinta delle nostre martoriate terre. Siamo sul finire degli anni Cinquanta, quel periodo in cui ancora sono evidenti quelle prassi ancestrali di aristocrazia terriera in cui persistono mestieri antici e rigida divisione del lavoro, padroni e braccianti, oppressori e oppressi e il boom economico è lontano, nello spazio e nel tempo.
Nel cuore del Parco nazionale dell’Alta Murgia, arroccato a 400 metri sul banco calcareo della fossa bradanica, sorge il borgo di Gravina in Puglia, dove il tempo sembra essersi fermato. La macchina da presa ne immortala i vicoli, le antiche abitazioni e il suggestivo ponte dell'acquedotto che collega le due sponde del torrente Gravina. Tutto intorno, la natura selvaggia tra ulivi, macchia mediterranea e ettari di terra coltivabile regala la luce e i colori tipici di queste latitudini. Appena fuori dal centro abitato, alle pendici del colle di Botromagno, che dà il nome all’area archeologica pià grande della Puglia, sorge il Parco naturalistico di Capotenda incontaminato al punto da essere un perfetto sfondo campestre di fine anni Cinquanta.
L’alternativa al sopruso è lasciare queste terre, scelta che ha fatto Antonio, di cui facciamo la conoscenza ai piedi della fontana dei Quattro Continenti che adorna con le sue fattezze barocche la maestosa piazza Unità d’Italia a Trieste.
Lebowski, Silver Productions
Nel 1958, Ciccio, un contadino quarantenne sposato con Lucia e padre di un bambino di 7 anni, lotta con i suoi compaesani contro gli sfruttatori ed è segretamente innamorato di Bianca, la figlia di Cumpà Schettino, un perfido e temuto proprietario terriero.