Nel 1958 un gruppo di migranti del sud arriva a Torino alla stazione di Porta Nuova. È una Torino plumbea e tetra quella che si vede nelle scene successive, con gli occhi di una famiglia del sud in cerca del proprio alloggio: attraversa Piazza San Carlo, per poi fermarsi davanti ad un palazzo, ma probabilmente non è l’indirizzo giusto perché “forse qui abita il padrone di Torino” commenta l’uomo di fronte alla bellezza delle colonne che adornano l’atrio di Palazzo Paesana in via della Consolata. La passeggiata della famiglia in cerca della propria sistemazione continua con la vista del “Duomo di Milano” ma è la Mole Antonelliana, e con una sosta su una panchina in Piazza Carlo Emanuele II, ai piedi della statua di Camillo Benso di Cavour. Giovanni, che era nel gruppo di migranti sbarcati a Torino, un anno dopo è a lavoro al Mercato di Porta Palazzo di notte. Se Giovanni negli anni riesce a guadagnare qualche soldo dalla miseria di altri migranti come lui, permettendo al fratello Pietro un alloggio dignitoso e la possibilità di studiare, Pietro in realtà non rappresenta il modello di studente virtuoso: durante un tragitto in tram si appropria di un portafogli che è stato rubato da un altro, ne preleva i soldi e getta il superfluo nel Po. Nella Galleria Umberto I a Giovanni viene consegnata una lettera, qui qualche tempo dopo Pietro andrà in cerca del fratello per comunicargli il superamento di un esame. In Piazza Madama Cristina Pietro assiste all’incontro tra Giovanni e un uomo nella scena più drammatica del film. Il finale è in stazione, dove tutto è iniziato, sei anni dopo.
Nel 1958 un gruppo di migranti del sud arriva a Torino alla stazione di Porta Nuova. È una Torino plumbea e tetra quella che si vede nelle scene successive, con gli occhi di una famiglia del sud in cerca del proprio alloggio: attraversa Piazza San Carlo, per poi fermarsi davanti ad un palazzo, ma probabilmente non è l’indirizzo giusto perché “forse qui abita il padrone di Torino” commenta l’uomo di fronte alla bellezza delle colonne che adornano l’atrio di Palazzo Paesana in via della Consolata. La passeggiata della famiglia in cerca della propria sistemazione continua con la vista del “Duomo di Milano” ma è la Mole Antonelliana, e con una sosta su una panchina in Piazza Carlo Emanuele II, ai piedi della statua di Camillo Benso di Cavour. Giovanni, che era nel gruppo di migranti sbarcati a Torino, un anno dopo è a lavoro al Mercato di Porta Palazzo di notte. Se Giovanni negli anni riesce a guadagnare qualche soldo dalla miseria di altri migranti come lui, permettendo al fratello Pietro un alloggio dignitoso e la possibilità di studiare, Pietro in realtà non rappresenta il modello di studente virtuoso: durante un tragitto in tram si appropria di un portafogli che è stato rubato da un altro, ne preleva i soldi e getta il superfluo nel Po. Nella Galleria Umberto I a Giovanni viene consegnata una lettera, qui qualche tempo dopo Pietro andrà in cerca del fratello per comunicargli il superamento di un esame. In Piazza Madama Cristina Pietro assiste all’incontro tra Giovanni e un uomo nella scena più drammatica del film. Il finale è in stazione, dove tutto è iniziato, sei anni dopo.
Cecchi Gori Group
Sei giornate, dal 1958 al 1964, raccontano lo stretto legame tra Giovanni e Pietro, due fratelli siciliani emigrati a Torino. Il fratello maggiore, Giovanni, che è analfabeta, fa di tutto per permettere a Pietro, il minore, di ottenere un diploma da maestro.