Il film tocca alcune delle strade e piazze più significative di Roma. Punto nevralgico del film è il condominio di viale delle Milizie 76, nel quartiere Prati, dove Antonio Bonocore (Totò) lavora come portiere e dove vivono i compari Giuseppe Lo Turco (Peppino De Filippo) e il pittore Cardone (Giacomo Furia). Il terrazzo del palazzo con i panni stesi ha come sfondo la cupola della Basilica di San Pietro.
Uomo onesto, portiere integerrimo, Bonocore riceve da un moribondo un pesante fardello, dei cliché per fabbricare banconote e della carta moneta. L’idea è quella di disfarsene gettando tutto nel Tevere dal ponte dell’Industria (riconoscibile dall’immancabile gazometro del quartiere Ostiense sullo sfondo) ma all’ultimo momento il portiere cambia idea.
Parte del film si svolge al rione Monti: in piazza degli Zingari si trova la tipografia di Peppino, mentre il bar dove Totò fa un discorso sul capitale usando lo zucchero si trova in piazza della Suburra proprio accanto alla stazione della metro Cavour, inaugurata nel 1955, poco prima dell’uscita del film, all’interno della quale Totò spiega a Peppino il suo piano segretissimo. Il terzo socio, il pittore Cardone lavora in piazza Gimma, nel quartiere Trieste: sta dipingendo la vetrina di una pasticceria siciliana quando viene raggiunto e reclutato dai due complici.
La tabaccheria dove Totò prova a spacciare la prima banconota si trova in via di Monte Savello 29, a due passi dal Teatro Marcello. La caserma di Michele, il figlio finanziere di Bonocore è in viale XXI Aprile 51 nel quartiere Nomentano, che è la sede reale del Comando Generale della Guardia di Finanza.
Sul finale, Bonocore e Cardone seppelliscono la valigia con chiché e carta moneta tra le rovine della Tor de' Schiavi nel parco archeologico di Villa Gordiani lungo la via Collatina. La scena finale del falò fu girata nei pressi dell’Appia Antica.
Il film tocca alcune delle strade e piazze più significative di Roma. Punto nevralgico del film è il condominio di viale delle Milizie 76, nel quartiere Prati, dove Antonio Bonocore (Totò) lavora come portiere e dove vivono i compari Giuseppe Lo Turco (Peppino De Filippo) e il pittore Cardone (Giacomo Furia). Il terrazzo del palazzo con i panni stesi ha come sfondo la cupola della Basilica di San Pietro.
Uomo onesto, portiere integerrimo, Bonocore riceve da un moribondo un pesante fardello, dei cliché per fabbricare banconote e della carta moneta. L’idea è quella di disfarsene gettando tutto nel Tevere dal ponte dell’Industria (riconoscibile dall’immancabile gazometro del quartiere Ostiense sullo sfondo) ma all’ultimo momento il portiere cambia idea.
Parte del film si svolge al rione Monti: in piazza degli Zingari si trova la tipografia di Peppino, mentre il bar dove Totò fa un discorso sul capitale usando lo zucchero si trova in piazza della Suburra proprio accanto alla stazione della metro Cavour, inaugurata nel 1955, poco prima dell’uscita del film, all’interno della quale Totò spiega a Peppino il suo piano segretissimo. Il terzo socio, il pittore Cardone lavora in piazza Gimma, nel quartiere Trieste: sta dipingendo la vetrina di una pasticceria siciliana quando viene raggiunto e reclutato dai due complici.
La tabaccheria dove Totò prova a spacciare la prima banconota si trova in via di Monte Savello 29, a due passi dal Teatro Marcello. La caserma di Michele, il figlio finanziere di Bonocore è in viale XXI Aprile 51 nel quartiere Nomentano, che è la sede reale del Comando Generale della Guardia di Finanza.
Sul finale, Bonocore e Cardone seppelliscono la valigia con chiché e carta moneta tra le rovine della Tor de' Schiavi nel parco archeologico di Villa Gordiani lungo la via Collatina. La scena finale del falò fu girata nei pressi dell’Appia Antica.
D.D.L.
Una raffazzonata banda di falsari per necessità, composta da un portiere in procinto di essere sostituito, un tipografo in rovina e un pittore che vive con la mamma, ha la possibilità di stampare banconote vere che, tuttavia non verranno mai messe in circolazione per eccesso di onestà.