Il “cuore energetico” del porto vecchio di Trieste era la centrale idrodinamica (con sistema idraulico), recentemente restaurata. Costruita tra il 1887 e il 1890, cessò la sua attività dopo quasi un secolo, nel 1988.
Quello di Trieste fu uno dei primi porti al mondo, assieme ad Amburgo, Buenos Aires, Calcutta e Genova, a dotarsi di una di una centrale idrodinamica. L’acqua sotto pressione, prodotta dalla centrale, veniva distribuita in tutto il porto attraverso 6.500m di condotte sotterranee, andando ad alimentare direttamente le gru da banchina, da capannone e i montacarichi.
La centrale idrodinamica è composta da vari corpi: 2 torri per gli accumulatori idraulici, che servivano a mantenere costante la pressione dell’acqua che azionava le gru e i montacarichi a circa 54 atmosfere; il corpo di fabbrica della sala macchine; la sala caldaie; un camino alto circa 40 metri, da cui uscivano i fumi di combustione del carbone che bruciava nelle caldaie; un deposito di carbone; un’officina per le riparazioni. L’insieme occupa un’area di circa 2.000 mq.
La facciata è semplice e classicheggiante, sovrastata da timpani alle estremità; l’edificio, massiccio, solido e funzionale, abbellito da misurate decorazioni, appartiene alla corrente dell’eclettismo, ma nella variante più sobria destinata all’architettura industriale. Con il recente restauro si è deciso di dipingere l’edificio, in origine bianco, in “giallo Austria”, quasi un omaggio alle origini asburgiche del Porto Vecchio. Oggi la struttura è un polo museale.
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