Sorta intorno al XVII secolo su un feudo baronale, Gibellina (TP) fu interamente distrutta dal sisma del 1968 e ricostruita una ventina di chilometri più a valle. Negli anni della ricostruzione il luogo divenne oggetto di attenzione da parte di artisti di fama internazionale come Arnaldo Pomodoro e Pietro Consagra che ne fecero un sito di arte contemporanea a cielo aperto.
In memoria della tragedia e delle sue vittime, le macerie dell'abitato sono state trasfigurate in opera d'arte da Alberto Burri, che ha ricoperto le rovine con una colata di cemento bianco lasciando inalterato l'impianto viario. I blocchi sono stati infatti realizzati accumulando e ingabbiando le macerie degli stessi edifici.
Il Grande Cretto sul fianco scosceso della montagna ha forma di un quadrilatero irregolare di circa 300x400 metri. Dall'alto l'opera appare come tante fratture di cemento sul terreno che hanno simbolicamente “congelato” la memoria storica del paese. Ogni fenditura è larga dai 2 ai 3 metri, mentre i blocchi sono alti circa un 1,60 metri. Data l'esposizione a sud sud-est e le vaste proporzioni (si tratta di una delle opere d'arte contemporanea più estese al mondo) risulta ben visibile anche da grande distanza, per chi proviene dalle altre località della valle del Belice. A circa 350 metri dall'opera è possibile vedere anche ciò che resta di Gibellina.
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