Della Città Eterna, dei suoi scorci memorabili, il maestro Fellini ha colto l’essenza, non soffermandosi sui luoghi più noti, ma divertendosi a mescolare le carte, popolandola di personaggi tanto improbabili quanto attuali, figure oniriche e più che mai reali, posizionandoli in location mai scontate. Sarà anche grazie a Fellini e al suo singolare modo di raccontare storie, sarà per la sua eredità colta da tanti registi dopo di lui, ma alcuni volti e i luoghi che questi hanno calpestato, continuano ad esserci familiari… anche a distanza di decenni.
Stampa itinerarioGrazie a Fellini via Veneto venne cristallizzata per i posteri come il centro della vita mondana capitolina dei primi anni Sessanta. A raccontare La dolce vita (1960), finendo inevitabilmente per farne parte, tra feste, locali alla moda e strani rituali per gente annoiata, l’indimenticabile Marcello (Mastroianni), spregiudicato giornalista “paparazzo” con ambizioni di scrittore, che vive di notte, frequentando la Roma “in” di star, nobili e ricconi, sempre sotto i flash dei fotografi.
Ma non sono solo le celebrità ad attraversare e riempire i locali alla moda della celebre via romana. Una notte Cabiria (Giulietta Masina) delusa dell’ennesimo finto amore in cui si era illusa di trovare la felicità, decide di allontanarsi dal solito luogo di ritrovo delle prostitute del suo rango e si fa accompagnare in via Veneto. Coincidenza vuole che venga abbordata dalla star del cinema Alberto Lazzari seccato dall’ennesimo litigio con la sua amante. L’illusione di sentirsi parte di un mondo che non le appartiene dura poco, il tempo di un drink in un locale per ricchi.
Il reporter Marcello deve occuparsi di seguire Sylvia (Anita Ekberg), famosa ed esuberante star del cinema, in giro per la Città Eterna. Durante una festa in un nightclub all’interno delle Terme di Caracalla, la donna si esibisce in una danza sfrenata. La dolce vita romana è fatta di luoghi esclusivi, dove divi annoiati si rifugiano celando i loro vizi e concedendone qualche assaggio ai comuni mortali attraverso le pagine patinate delle riviste scandalistiche. Figure che non si discostano molto da quelle che popolano la cosiddetta passeggiata archeologica delle Notti di Cabiria (1957) in cui Fellini trasforma quello che sarebbe stato il locale delle star della dolce vita nel luogo di raccolta delle prostitute romane. Così facendo, il regista riesce nell’intento di collocare nello stesso luogo figure che occupano i due opposti gradini della scala sociale, un sottobosco che, in un modo o nell’altro (ma c’è poi tanta differenza?), popola le notti romane.
Fellini amava i luoghi che gli davano un senso di provvisorietà e di rinnovamento continuo come avviene in un teatro di posa e l’Eur era il quartiere romano che più gli ricordava questa dimensione. Nella Dolce Vita, il Palazzo dei Congressi ripreso da viale della Letteratura è un ospedale. Intuiamo che Steiner viva in zona grazie alla sagoma inconfondibile del “fungo” visibile dal balcone del soggiorno dello scrittore.
Le architetture razionaliste dell’Eur danno tuttavia il meglio di sé nell’episodio felliniano di Boccaccio ‘70 intitolato Le tentazioni del Dottor Antonio (1962). Il film si apre con alcune scene che immortalano momenti di leggerezza: un servizio fotografico sulla scalinata della Basilica dei Santi Pietro e Paolo; bagnanti in pedalò nel laghetto dell’Eur; persone stese nei pressi del Palazzo della Civiltà Italiana; una donna che siede con fare “provocante” vicino al colonnato del Museo delle Arti e Tradizioni Popolari. Questa quiete è turbata da Anita Ekberg, o meglio dalla sua immagine impressa su un enorme manifesto eretto in un prato (al suo posto oggi c’è un palazzo) che costeggia viale Shakespeare. Un incubo che Antonio (Peppino De Filippo) guarda ogni giorno dalla finestra di casa sua e che durante una notte spettrale gli si materializza davanti: siamo in viale Civiltà Del Lavoro, gli archi Colosseo quadrato ben illuminati a fare da sfondo.
Il legame tra il regista e la località balneare a Nord di Roma dove, con la moglie Giulietta Masina, visse alcuni anni in una villa che fu demolita nel 2006, è profondo al punto che la pineta monumentale di Fregene è stata intitolata proprio al grande maestro. Qui Fellini girò la memorabile scena dello Sceicco Bianco (1952), in cui la giovane e ingenua sposina Wanda (Brunella Bovo) finalmente incontra il suo idolo, un Alberto Sordi che si dondola ammiccante tra due enormi tronchi su un’altalena issata ad oltre 30 metri.
In questa pineta il regista decise di consegnare Marcello Mastroianni alla storia del cinema trasformandolo nel reporter mondano della Dolce Vita, film il cui finale, non a caso, fu girato poco distante, sulla spiaggia di Passoscuro. La ritroviamo popolata di quegli spiriti e figure grottesche che incoraggiano Giulietta (Masina) a lasciare il marito fedifrago in Giulietta degli Spiriti (1965). La stessa pineta diviene la sperduta stazione in cui Marcello Snàporaz (Mastroianni) decide di scendere per seguire una donna, prima di trovarsi imprigionato in una onirica Città delle donne (1980).