Sulle isole cambia il passo. Un'esperienza in levare accoglie chi sbarca. Appena posato il primo piede, il metronomo del tempo s’incanta. Scardinate le abitudini, poche regole: permettere al vento di modellarci i pensieri, al giro del sole di precipitarci nella poesia del mondo, alle infiorescenze di danzare, al respiro d’intonarsi. Ogni cosa, filo d’erba o sassolino, reclama il suo ruolo primordiale; nulla avviene in maniera dimessa, tutto è glorioso. È per questo che le isole piacciono al cinema, che vi ha adagiato capolavori che hanno fatto la sua storia, perché, proviamo a immaginare L’Avventura di Michelangelo Antonioni senza la scultura silenziosa e abbacinante dell’isolotto di Lisca Bianca, Panarea, Eolie…
Stampa itinerarioEolie, appunto. L’arcipelago siciliano celebra un matrimonio durevole con la cinematografia, affermando la sua magnifica presenza. Bisogna partire dagli anni Cinquanta, e fare almeno un passaggio su Stromboli - Terra di Dio di Roberto Rossellini. L’isola è primordiale allora. Vi cammina, soavemente straniera, Ingrid Bergman: le cronache rosa si riempiono dell’amore tra attrice e regista. Intanto, su un’altra isola, quella di Vulcano, nello stesso anno brucia la gelosia dell’abbandonata Anna Magnani, in un film che insegue l’altro, insegue loro, ed è Vulcano di William Dieterle, stesso arcipelago.
A distanza di oltre un quarantennio, appena sbarca a Stromboli, Nanni Moretti sente «minacciosa la presenza del vulcano» e, curiosamente, continuando la sua erranza per le Eolie (Lipari, Salina, Panarea, Alicudi) in Caro Diario, nonostante continui a spingere al massimo la sua cifra prediletta che è il paradosso, non riesce a sganciarsi dal lirismo dei luoghi.
I film girati sulle isole, infatti, firmano un contratto durevole con gli elementi. Gole, pietre aguzze, monoliti, macchia, strapiombi, fari, lune, mito, da ritrovare in A Bigger Splash di Luca Guadagnino ammaliato dalla meravigliosa Pantelleria dei dammusi. Sulle isole meglio gira chi riesce a dialogare con sussurri di esistenze, vettori di accadimenti che con il mare hanno ha che fare, con la lontananza, la distanza, l’isolatezza, appunto. Immersi nell’acquaticità del tutto mare e roccia, i personaggi tornano a se stessi o ne rimangono imprigionati, come fa Valeria Golino, madonna delle reti in Respiro di Emanuele Crialese, girato in una Lampedusa topazio.
«La poesia non è di chi la scrive, è di chi gli serve» dice il Postino Massimo Troisi all’esiliato politico Pablo Neruda, dalla cui casa godiamo, insieme alla cadenza superba del suo poetare, la vista aperta dell’isola di Salina, ma siamo anche a Procida, nell’Arcipelago Campano, per uno di quei prodigi che il cinema regala insieme al viaggio. Navighiamo, allora, fino alla Capri dell’omonima serie televisiva, scanzonata e turistica, un grande classico dell’andar per isole.
Molto meno classica per i turisti è la via d’acqua che porta a un’altra isola, fino a un paio di decenni fa inaccessibile perché colonia penale: l’Asinara, in Sardegna, ruvida, altera, percorsa dal vociare fitto delle correnti, dove, se non bastano i prodigi di Natura, ci pensa il teatro della compagnia della Stoffa dei sogni di Gianfranco Cabiddu a mettere in scena tutti gli incanti possibili, scespiriani (ma anche eduardiani) della Tempesta. Ma la stagione, avocando a sé il sentimento del racconto, può cambiare, farsi malinconica lettera d’amore sull’isola di San Giulio, sul Lago d’Orta che, composta con l’isola dei Pescatorisul lago Maggiore, dà vita all’immaginario Borgo Ventoso deLa corrispondenza di Giuseppe Tornatore.
Per chiudere, guadagniamo di nuovo Stromboli e adagiamoci vicino al vulcano come fa la Bergman aspettando la rivelazione del mattino. Qualcosa, di certo, accadrà.