Una storia incredibile, che parte tra le strade di Bolzano, quella del genetista italiano Mario Capecchi, che quindici anni fa ha ricevuto il Premio Nobel per la Medicina per le sue ricerche sulle cellule staminali embrionali e il cosiddetto 'gene targeting', raccontata da Roberto Faenza nel suo ultimo Hill of Vision, presentato in anteprima al BIF&ST.
Mario ha solo cinque anni quando sua madre, la poetessa e attivista politica Lucy Ramberg, viene deportata in un lager nazista lasciandolo in affido a una famiglia di contadini dell’Altopiano del Renon. Ma è il 1943, la Guerra infuria e quella bocca in più da sfamare è un peso di cui disfarsi, così a soli cinque anni Mario si ritrova solo, vagabonda per le strade di Bolzano, si unisce a una piccola banda di bambini abbandonati a se stessi, vivacchia di elemosina e di espedienti. Da ragazzo emigra poi in America per volere della madre, che nel frattempo lo aveva incredibilmente ritrovato e voleva garantirgli una buona istruzione.
Il film – una produzione Jean Vigo Italia con Rai Cinema e Rhino Films – ha ricevuto il sostegno alla produzione del Fondo gestito da IDM Film Commission Südtirol. Buona parte delle riprese si è svolta in Alto Adige nell’agosto 2020, in piena pandemia, dove sono state ricreate anche molte ambientazioni per la seconda parte del film che si sarebbero dovute spostare negli Stati Uniti: le location erano già state fissate, ma quando la pandemia fa saltare il set oltreoceano, la Jean Vigo Italia trova la Pennsylvania sull’Altopiano del Salto, dove la montagna e la vegetazione ben si prestano al racconto americano. Nella caserma Cesare Battisti di Merano è stata ricreata la scuola americana che Capecchi frequenta negli anni Trenta; sempre al suo interno sono stati ricostruiti un intero villaggio di quaccheri e uno studio medico dell’epoca, ma anche la facciata del palazzo di Stoccolma dove nel 2007 Capecchi riceverà il Nobel.
(Car.Di)