Un racconto di Sicilia è fatto di sole, quello che brucia la pelle e abbacina lo sguardo; di pietra grigia dei muretti, brunita delle strade, incattivita delle montagne, scolpita delle chiese. E di mare, più e più volte ritornante a modellare l’isola che si arrocca e tace, le cui onde sono pagine, puntinate dal sale delle storie. Eccolo, nella sua cucina di scrittore, il venerabile Andrea Camilleri (che il sale mai gli manca). Dalla sua fantasia insonne e cuciniera sono nati i romanzi del commissario Montalbano, dichiarato omaggio al collega Manuel Vázquez Montalbán. L’operazione produttiva, firmata dalla Palomar di Carlo Degli Esposti, dal 1999 in poi ha trasformato le pagine camilleriane in una fiction capace di tenere insieme originaria forza del racconto, centratura del protagonista, accessibilità della messa in scena e - veniamo al nostro - grazia della composizione dei luoghi.
Stampa itinerarioPerché la città di Montalbano, Vigata, non esiste, come metà delle città letterarie. Eppure esiste, grazie a un artificio della geografia ridisegnata, che è un invito scritto (sì, la scrittura in questo viaggio è la vera chiave) a visitare la Sicilia orientale, quella che stiamo per snocciolare in una specie di rosario della bellezza, e che ci porta verso la Val di Noto. Il primo movimento è aereo: Ragusa Ibla, Scicli e Modica, nella sigla iniziale di ogni episodio, a contemplare in unico volo le location principali somministrate generosamente, seguendo il passo del commissario nelle sue indagini.
Sin dal principio, si sale su strade arrampicate sui secoli, dedali all’apparenza inestricabili, come i misteri di un caso. E le scalinate, appunto, sono l’esercizio, il pellegrinaggio da compiere davanti a chiese sorprendenti come il Duomo di San Giorgio a Ragusa Ibla o quello omonimo a Modica. Le loro sontuose facciate barocche, verticalizzate dalla collocazione, sono la quinta di rivelazioni, passaggi, telefonate, incontri, funerali: il profilo volitivo del commissario Luca Zingaretti, al confronto con la sua fida squadra, è inciso in queste vedute. La sua quotidianità è scandita dagli ingressi nel commissariato, a Scicli, il novecentesco municipio che affaccia su via Mormina Penna, “salotto” barocco patrimonio Unesco, come lo è Ragusa Ibla.
I contraddittori, piccoli capolavori di dialettica con il boss, Balduccio Sinagra, avvengono nella casa Castello di Donnafugata, a Ragusa; cadaveri si possono rinvenire nel labirinto di pietra della medesima roccaforte, o possono avere lo sfondo sospeso della fornace Penna, la Mànnara, sulla scogliera del Pisciotto a Sampieri. Donnalucata, Pozzallo, Scoglitti, Favignana, Vittoria, Brucoli, Marzamemi, Siracusa, Custonaci, Scopello, Scurati, Tindari sono come cadenze di versi di una poesia dialettale. Da attraversare a bracciate avide in un mare al quale sempre si ritorna. Come fa il commissario all’alba, prima di immergersi in un nuovo intrigo. La sua casa è a due passi, siamo a Marinella, ovvero Punta Secca, a Santa Croce Camerina. La prossimità del mare culla continuamente questa Sicilia, sontuosa e aspra. E se la visione s’interrompe con i titoli di coda, il viaggio possibile, invece, comincia proprio adesso.