(a cura di Andrea Gropplero - materiali Cinecittario: Archivio Luce)
C’è chi sostiene che il Veneto sia uno stato d’animo. Il fatto certo è che il Veneto è una delle ambientazioni preferite dagli artisti: sono decine i film girati qui da registi provenienti da ogni parte del mondo; prima di loro, William Shakespeare vi ambientò tre delle sue opere; Dante Alighieri a Venezia iniziò a scrivere l’Inferno. Dalle Dolomiti a Verona e Venezia, il Veneto è certamente un dono per gli occhi e generosa fonte d’ispirazione di grandi capolavori.
Stampa itinerarioIl solo viaggio documentato di Dante a Venezia è datato all’agosto 1321: vi fu inviato come ambasciatore da Guido Novello da Polenta, signore di Ravenna. Al ritorno da questa missione, nelle valli di Comacchio, il Sommo Poeta contrasse la malaria di cui morì nel settembre 1321. Sembra che Dante avesse visitato Venezia in altre due occasioni, tra il 1303 e il 1314, anche se non vi sono documenti certi a testimoniarlo. Pare che nel primo viaggio tra il 1303 e il 1305 avesse raggiunto Padova, dove avrebbe conosciuto Giotto alle prese con la realizzazione degli affreschi della Cappella degli Scrovegni, ed in seguito si fosse recato a Venezia dall’amico poeta Giovanni Quirini. In questa occasione Dante sarebbe rimasto folgorato dal mosaico del Giudizio Universale della Cattedrale di Torcello e ne trasse ispirazione per la sua opera, come il suo coevo Giotto, che lì si ispirò per l’affresco del Giudizio Universale dipinto nella Cappella degli Scrovegni a Padova. Venezia era all’epoca la più accreditata potenza marittima del Mediterraneo e la sua enorme flotta, sulle orme di Marco Polo, faceva commerci da Oriente a Occidente. Dante rimase colpito dall’organizzazione e dalla capacità produttiva dell’Arsenale, dove le barche venivano costruite secondo i criteri di una fabbrica moderna e scrisse lì i versi del XXI canto dell’Inferno:
Quale nell'Arzanà de' Viniziani
bolle l'inverno la tenace pece
a rimpalmare i legni lor non sani […]
Si narra che Alighieri amasse molto mangiare pesce e, ospite del doge Soranzo nella sua missione di ambasciatore a Venezia, venne da questi invitato a cena. Nella tavolata di Soranzo, composta da grandi oratori ai quali vennero serviti dei grossi pesci mentre a Dante venne riservato un pesce più piccolo, Alighieri prese il pesce con le mani e cominciò a parlargli a bassa voce e poi lo portò all’orecchio. Il doge incuriosito gli chiese cosa significasse quel gesto. Dante rispose che suo padre era morto in mare e chiedeva notizie al pesce, ma questi rispose che era troppo piccolo e che certamente un pesce più grande avrebbe saputo dargli più notizie. Il doge a quel punto fece servire al poeta un pesce di grandi dimensioni.
Nel film Inferno (2016) di Ron Howard, tratto dall’omonimo romanzo di Dan Brown e girato tra Venezia, Firenze e Istanbul, la soluzione all’intricato intreccio che costituisce la trama del thriller è fornita dal calco del volto di Dante Alighieri realizzato, poco prima sua della morte, al ritorno dal viaggio a Venezia.
Delle 35 opere realizzate dal grande poeta e drammaturgo inglese, 17 sono ambientate in Italia e 3 dei suoi capolavori più importanti trovano in Veneto la loro ragion d’essere. Otello, viene ambientato a Venezia, così come Il Mercante di Venezia; Romeo e Giulietta invece dipana la sua storia a Verona. Di questi capolavori si sono avute nel tempo numerose trasposizioni cinematografiche.
Otello ne ebbe 11. La prima del 1906 di Mario Caserini e Gaston Velle. La più nota è di Orson Welles (1951): il film ebbe molte difficoltà economiche e la realizzazione durò tre anni; il grande regista aveva previsto di girare la scena finale del film a Cipro ma, sempre per ragioni economiche, fu costretto a girarla a Venezia, infatti vediamo il loggiato di Palazzo Ducale e la famosa scala elicoidale di Palazzo Contarini Bovolo. Welles riuscì a terminare il film investendo i proventi ricavati da Il terzo Uomo di Carol Reed (1949). L’ultimo Othello in ordine di tempo è di Oliver Parker del 1995, interpretato da Laurence Fisher e Kenneth Branagh.
Sono 22 le trasposizioni cinematografiche del Mercante di Venezia: la prima del 1908 di J. Stuart Blackton, l’ultima di Michael Radford (2004) con protagonisti Al Pacino, Jeremy Irons e Joseph Fiennes.
Sono infine 23 i film basati su Romeo e Giulietta: il primo sempre di J. Stuart Blackton (1908), tra questi l’opera del 1968 di Franco Zeffirelli ma anche il film d’animazione della Disney Il Re Leone II, Il regno di Simba (1998).
Venezia per la sua bellezza sembra non appartenere a questo mondo. Sembra essere un pianeta a se stante, quantomeno sembra non appartenere solo all’Italia ma all’immaginario condiviso del mondo intero. Forse è per questo che qui vengono girati centinaia di film da tutto il mondo. Qui girano le produzioni di Hollywood e di Bollywood oltre ai grandi maestri del cinema italiano ed europeo. Qui Luchino Visconti girò Senso (1954) e Morte a Venezia (1971), Vittorio De Sica vi girò Amanti (1968) ed il suo ultimo film Il viaggio (1971), Federico Fellini ambientò a Venezia Il Casanova (1976), Antonioni Identificazione di una donna (1982), Paolo Sorrentino qui ha girato parte di The Young Pope (2016). Questi sono solo alcuni, degli oltre 700 film girati nella città dell’amore.
Venezia vanta anche una delle più importanti istituzioni culturali del paese e forse del mondo: la Biennale, nata come società di cultura nel 1895 con l’organizzazione della prima Esposizione Biennale al mondo, per volontà del sindaco di Venezia Riccardo Selvatico. Nata con la finalità di rendere una visione plastica dell’avvenuta unità d’Italia attraverso la promozione dell’arte e del suo mercato, in anni più recenti si sono aggiunte alla Esposizione internazionale d’arte di Venezia, chiamata semplicemente Biennale Arte, altre cinque esposizioni multidisciplinari.
Nel film collettivo Dove vai in vacanza (1978) l’episodio Le vacanze intelligenti, girato e interpretato da Alberto Sordi, ambienta una delle scene più esilaranti alla Biennale Arte: racconta dei coniugi Remo (Alberto Sordi) e Augusta Proietti (Anna Longhi), fruttaroli di Roma che per ferragosto vengono mandati dai figli a fare una dietetica vacanza culturale in giro per l’Italia. In visita a Biennale Arte, Augusta si siede su una sedia posta vicino ad una palma, diventando così ella stessa parte dell’opera d’arte. L’opera con donna seduta, viene fotografata e circondata da spettatori e collezionisti, uno dei quali vorrebbe addirittura comprarla. Remo la salverà dai fotografi, dai collezionisti, dalla Biennale e dalla dieta, che finalmente romperanno con una luculliana mangiata che costerà alla povera Augusta una lavanda gastrica.
Le manifestazioni hanno tutte una cadenza biennale, ad eccezione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia che si tiene ogni anno ed è oggi una delle più importanti manifestazioni del settore al mondo.
Con Senso Visconti torna in Veneto dopo 11 anni dalle riprese di Ossessione e sposta il set dalla provincia di Rovigo a Venezia. Visconti ci racconta il cibo sempre con una certa distanza: è qualcosa di indefinito che cuoce nella padella della locanda di Ossessione ed è indefinito anche il cibo presente nella zuppiera sulla ricca tavola del giovane tenente dell’esercito austriaco (Farley Granger) mentre offende la contessa Livia Serpieri (Alida Valli) paragonandola alla prostituta con cui aveva appena finito di cenare.
Non si può dire lo stesso del racconto del cibo e dell’opulenza veneziana settecentesca nel Casanova di Fellini (1976). La sequenza della cena ricorda (e forse è un’autocitazione) la cena di Trimalcione in Satyricon (1969) per la sontuosità con cui vengono raccontate le portate e lo spettacolo durante il banchetto. Fellini aveva con il cibo un rapporto rispettoso, non amava i piatti elaborati che esibiva nei suoi film. Amava gli spaghetti al pomodoro poco unti e una rosetta calda di forno con una scaglia di Parmigiano Reggiano non troppo invecchiato all’interno. Amava la pasta e fagioli alla romana che gli cucinava Giulietta Masina, affermando che il segreto consiste nella densità e che il cucchiaio di legno deve stare dritto nel tegame di terracotta
La cucina veneta si divide in quattro macrotipi territoriali: la cucina di terra, di mare, di laguna e di montagna ed è dominata da quattro elementi comuni: riso, polenta, fagioli e baccalà. Il riso dei risi e bisi (risotto ai piselli) arrivò nel 1500. Nello stesso periodo, grazie al fiorente commercio con l’oriente, arrivarono spezie, pepe, uvetta di Corinto, chiodi di garofano, cannella, con cui si prepara il saor. Con questa preparazione i veneti cucinano soprattutto le sarde ed i gamberoni. Il mais della polenta arriva direttamente dalle Americhe, così i fagioli, famosi quelli di Lamon. Nel trevigiano è famoso il radicchio tardivo e cinquecentesca è anche la ricetta del fegato alla veneziana, preparato con le cipolle. Dalle rotte del Baltico arriva invece l’elemento unificatore di tutta la cucina veneta: il bacalà (stoccafisso) che viene preparato mantecato o alla vicentina, accompagnato dalla polenta che di solito è bianca.
Questa è la ricetta della Venerabile Confraternita del Bacalà alla Vicentina, riportata da La cucina italiana.
INGREDIENTI per 12 persone
PROCEDIMENTO
Ammollare lo stoccafisso, già ben battuto, in acqua fredda, cambiandola ogni 4 ore, per 2 o 3 giorni. Levare parte della pelle.
Aprire il pesce per il lungo, togliere la lisca e tutte le spine. Tagliarlo a pezzi quadrati possibilmente uguali. Affettare finemente le cipolle; rosolare in un tegamino con un bicchiere d’olio, aggiungere le sarde dissalate, diliscate e tagliate a pezzetti; per ultimo, a fuoco spento, unire il prezzemolo tritato.
Infarinare i vari pezzi di stoccafisso, irrorarli con il soffritto preparato, poi disporli uno accanto all’altro, in un tegame di cotto o di alluminio, oppure in una pirofila (sul cui fondo si sarà versata, prima, qualche cucchiaiata di soffritto); ricoprire il pesce con il resto del soffritto, aggiungendo anche il latte, il grana, il sale e il pepe. Unire l’olio fino a ricoprire tutti i pezzi, livellandoli. Cuocere a fuoco molto dolce per 4 ore e mezza circa, muovendo di tanto in tanto il recipiente senza mai mescolare.
In termine vicentino questa fase di cottura si chiama “pipare”. Solamente l’esperienza saprà definire l’esatta cottura dello stoccafisso che, da esemplare a esemplare, può differire di consistenza. Servire ben caldo con polenta in fetta: il bacalà alla vicentina è ottimo anche dopo un riposo di 12/14 ore.
Per chi volesse farsi un trailer fai da te su Dante e Shakespeare tra Senso e Casanova basato su Senso di Visconti e Casanova di Fellini proponiamo questo gioco, dando le indicazioni di entrata e di uscita dai film. Basterà usare un qualunque programma di montaggio ed inserire sulla time-line i dati dei film che vi proponiamo di seguito ed in pochi minuti il gioco sarà fatto.