(a cura di Andrea Gropplero - materiali Cinecittario: Archivio Luce)
Il cinema nasce corto, muto e in bianco e nero, ma a Torino con Cabiria (1914) di Giovanni Pastrone, diventa lungometraggio narrativo, d’autore. Scritto con Gabriele D’Annunzio, e girato negli stabilimenti sulla Doria Riparia di Torino, fu il primo e più costoso colossal lungometraggio italiano. La vocazione pionieristica nel cinema è continuata in anni più recenti con la nascita della Film Commission Torino-Piemonte, tra le prime in Italia a strutturare il sostegno alle produzioni e a dotarsi di un Fondo regionale per il cinema e l’audiovisivo. Anche il primo Museo del Cinema nasce a Torino, uno dei più importanti al mondo, che dal 2000 ha sede nella Mole Antonelliana, simbolo della città.
Stampa itinerarioElio Petri con La classe operaia va in paradiso (1971), racconta una Torino operaia, che gravita attorno all’industria dell’automobile. È la scena dell’operaio-massa che in quegli anni si staglia nel panorama economico e politico italiano. Massa è anche guarda caso il cognome del protagonista (Gian Maria Volontè) che interpreta le angosce, le lotte e le frustrazioni operaie di quegli anni.
Con la progressiva chiusura e dismissioni degli stabilimenti Fiat, che oggi impiegano solamente 18.000 operai a Torino, la città è riuscita ad assorbire nel suo tessuto lavorativo circa 40.000 persone che, a diverso titolo e con professionalità differenti, sono inserite nell’industria culturale.
Così da vent’anni gli stabilimenti del Lingotto, un tempo fiore all’occhiello della Fabbrica Italiana Automobili Torino, ristrutturati da Renzo Piano, divengono il paradiso della cultura, ospitando manifestazioni come: il Salone del Libro, il Salone del Gusto, il Salone del Vino, il Salone dell’Automobile, Terra Madre e molte altre fiere di settore.
In Piemonte e più precisamente tra le langhe e il Roero, sono ambientati i due romanzi che meglio raccontano la resistenza al nazifascismo: Il Partigiano Johnny e Una questione privata di Beppe Fenoglio. I due romanzi sono diventati film, il primo per la regia di Guido Chiesa (2000), il secondo diretto da Paolo Taviani (2017), ultimo film scritto assieme al fratello Vittorio. Entrambi i film seguono fedelmente i romanzi, mettendo lo sguardo sul “privato” della lotta di liberazione, come a dire che le scelte politiche radicali o coinvolgono intimamente i sentimenti più profondi di chi queste scelte compie o non sono nulla, non sono scelte, meno che mai scelte partigiane.
«E pensò che forse un partigiano sarebbe stato come lui ritto sull'ultima collina, guardando la città e pensando lo stesso di lui e della sua notizia, la sera del giorno della sua morte. Ecco l'importante: che ne restasse sempre uno» (Il partigiano Johnny, edizione Einaudi, pag. 392).
Le Langhe e il Roero, i luoghi in cui si dipanano le storie di Una questione privata e del Partigiano Johnny, sono gli stessi in cui nasce Slow Food e che Stefano Sardo racconta con grande passione nel suo film Slow Food Story (2013). È la storia di una rivoluzione lenta, quella di Slow Food, il movimento internazionale fondato da Carlin Petrini, che è in marcia da oltre 25 anni, una rivoluzione gastronomica oggi presente in più di 150 paesi. Il film racconta la storia della nascita del movimento gastronomico a Bra, a partire dalla militanza politica di Carlin Petrini, la nascita di ArciGola nel 1986, l’associazione da cui nascerà tre anni dopo il progetto di Slow Food.
Il 10 Dicembre 1989, all’Opera-Comique di Parigi nasce ufficialmente il movimento internazionale per la difesa e il diritto al piacere con il seguente manifesto:
«Questo nostro secolo, nato e cresciuto sotto il segno della civiltà industriale, ha prima inventato la macchina e poi ne ha fatto il proprio modello di vita.
La velocità è diventata la nostra catena, tutti siamo in preda allo stesso virus: la vita veloce, che sconvolge le nostre abitudini, ci assale fin nelle nostre case, ci rinchiude a nutrirci nei fast food.
Ma l'uomo sapiens deve recuperare la sua saggezza e liberarsi dalla velocità che può ridurlo a una specie in via d'estinzione.
Perciò, contro la follia universale della fast life, bisogna scegliere la difesa del tranquillo piacere materiale.
Contro coloro, e sono i più, che confondono l'efficienza con la frenesia, proponiamo il vaccino di un'adeguata porzione di piaceri sensuali assicurati, da praticarsi in lento e prolungato godimento. Iniziamo proprio a tavola con lo Slow Food, contro l'appiattimento del fast food riscopriamo la ricchezza e gli aromi delle cucine locali.
Se la fast life, in nome della produttività ha modificato la nostra vita e minaccia l'ambiente e il paesaggio, lo Slow Food è oggi la risposta d'avanguardia.
È qui, nello sviluppo del gusto e non nel suo immiserimento, la vera cultura, di qui può iniziare il progresso, con lo scambio internazionale di storie, conoscenze, progetti. Lo Slow Food assicura un avvenire migliore.
Lo Slow Food è un'idea che ha bisogno di molti sostenitori qualificati, per fare diventare questo moto (lento) un movimento internazionale, di cui la chiocciolina è il simbolo».
Una sorta di manifesto anti futurista che contrappone al manifesto sulla velocità del movimento di Marinetti un’idea di lentezza futuribile, che compone insieme sviluppo sostenibile e futuro degli antichi saperi della terra e della gastronomia. Il lessico del movimento di Carlin Petrini è partigiano e mutua dalle lotte operaie e dalla tradizione contadina la terminologia delle proprie battaglie. Così entrano nel vocabolario di milioni di persone parole come “Terra Madre”, “condotte” e “presidio”. Le “condotte” sono i gruppi territoriali di Slow Food, i “presidi” stanno ad indicare quei prodotti autoctoni dei territori che vanno salvaguardati dalla massificazione, le colture intensive, l’uso dei pesticidi, lo sfruttamento del lavoro sottopagato e soprattutto per la difesa della biodiversità. Slow Food da oltre venticinque anni ha messo il suo impegno a favore della biodiversità, il diritto dei popoli alla sovranità alimentare, contro l’agricoltura massiva, le manipolazioni genetiche e l’omologazione dei saperi e dei sapori. Se oggi si è diffusa sulle mense di molti cittadini del mondo la consapevolezza alimentare dei principi: “buono, pulito, giusto”, in gran parte lo dobbiamo a Slow Food e al partigiano Carlin Petrini.
La cucina piemontese è la cucina regionale con il maggior numero di piatti tipici. È una cucina a due velocità, vi è una cucina “alta” quella nata alla corte dei Savoia, che esprime piatti come il bollito misto, il fritto misto e il cioccolato e una cucina contadina da cui derivano piatti poveri come la panissa e la bagna cauda. Queste due cucine hanno due ingredienti in comune: l’aglio e il tartufo bianco, forse ne potremmo trovare anche altri, come i peperoni quadrati d’Asti, il burro, il lardo e le uova, ma i primi due sono quelli che meglio caratterizzano la cucina piemontese. “Ubi alium ibi Roma” dicevano i latini, infatti la principale influenza di questa cucina è sicuramente romana, del resto che cos’è la bagna cauda se non un garum (il principale condimento dell’antica Roma) rivisto in chiave territoriale?
Le altre influenze avvengono nell’alto Medioevo con arabi e saraceni, le Crociate portano le spezie, gli spagnoli portano senza successo a Napoli ed in Sicilia il riso, che in Piemonte invece occuperà una posizione di grande rilievo in cucina. Quel riso coltivato tra Vercelli e Novara nelle risaie a perdita d’occhio, di cui ci parla Giuseppe De Santis nel suo capolavoro Riso Amaro (1949), che nelle mense piemontesi occupa un posto d’onore. Infine l’influenza francese, settecentesca e la diffusione del trattato anonimo Il cuoco piemontese perfezionato a Parigi. Influenza che tra l’altro, importerà in Piemonte, dalla Francia, piatti come la finanziera che Caterina de’ Medici dalla Toscana aveva portato in dote a Parigi alla corte di Enrico II.
La bagna cauda (o caoda) è un piatto conviviale che si consuma collettivamente dalla stessa ciotola riscaldata posta al centro del tavolo. Questa convivialità esprime anche un galateo, che prevede che i commensali non usino il pane intinto direttamente nel dian (tegame di coccio) o le verdure a mo’ di palot (cucchiaio), che non si intingano nel dian le verdure già morsicate. Galateo vuole che alla fine, una volta consumate le verdure, con quello che resta nel dian, venga direttamente cotto un uovo e cosparso di tartufo bianco.
Esistono tre versioni di bagna cauda: la prima prevede l’uso del latte, la seconda prevede l’uso di vino rosso in alternativa al latte, la terza, quella che proponiamo, è semplice, senza vino né latte ed è la ricetta depositata di questo piatto patrimonio Unesco.
INGREDIENTI per 12 persone
PREPARAZIONE
Tagliare a fettine gli spicchi d’aglio precedentemente svestiti e privati del germoglio. Porre l’aglio in un tegame di coccio, aggiungere un bicchiere d’olio e iniziare la cottura a fuoco bassissimo rimescolando con il cucchiaio di legno e avendo cura che non prenda colore; aggiungere poi le acciughe dissalate, diliscate, lavate nel vino rosso e asciugate, rimestandole delicatamente. Coprire con il restante olio e portare l’intingolo a cottura a fuoco lento per una mezz’oretta, badando che la bagna non frigga. Al termine della cottura si potrà aggiungere, se piace un sapore più morbido, un pezzetto di burro freschissimo. Versare la bagna nell’apposito dian (tegame di coccio) e appoggiarlo sul fujot (fornellino di coccio) accompagnarla con le seguenti verdure crude: cardi gobbi di Nizza Monferrato, topinambur, cuori di cavolo bianco, indivia e scarola, peperoni freschi e sotto graspa, cipollotti crudi inquartati e immersi nel vino barbera; cotte: barbabietole rosse, patate lesse, cipolle al forno, zucca fritta, peperoni arrostiti. È tradizione raccogliere alla fine lo “spesso della bagna” strapazzandovi dentro l’uovo.
Per chi volesse farsi un trailer fai da te su Pionieri del cinema, partigiani del gusto proponiamo questo gioco, dando le indicazioni di entrata e di uscita dai film. Basterà usare un qualunque programma di montaggio ed inserire sulla time-line i dati dei film che vi proponiamo di seguito ed in pochi minuti il gioco sarà fatto.