Venezia 80, nei suoi molteplici aspetti, è stata anche l’occasione per tirare le fila su un tema che oggi è imprescindibile anche per il settore audiovisivo: la sostenibilità.
Grazie ad un interessante incontro, promosso dal MIC, e moderato dal Prof. Mario La Torre dell’Università di Roma La Sapienza, è stato possibile ospitare al panel diverse anime dell’industria audiovisiva.
Insieme ai saluti iniziali, il Direttore generale Cinema e audiovisivo del Ministero della Cultura, Nicola Borrelli, ha ricordato come l’Italia abbia già intrapreso un percorso di transizione alla sostenibilità. Per quanto riguarda in particolare la sostenibilità ambientale, ciò sta avvenendo principalmente attraverso lo sviluppo di protocolli green che mirano a creare un modello produttivo rispettoso dell’ambiente; il Ministero intende proseguire in questa direzione e, per tale ragione, è stata attivata una proficua collaborazione con il Ministero dell’Ambiente.
Al riguardo, gli interventi di Rossella Gaudio (MiC-DGCA) e Michela Esposito (Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica – DGEC) hanno rappresentato la direzione della citata collaborazione tra le due istituzioni. Rossella Gaudio ha sottolineato come siano stati già inseriti punteggi di premialità all’interno dei bandi relativi ai “contributi selettivi” e “promozione”; si tratta di un primo passo per sensibilizzare le imprese al tema della sostenibilità. Nella stessa direzione va l’imminente protocollo di collaborazione con il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica.
Michela Esposito ha ribadito che la proficua collaborazione con il MiC nasce per rispondere ad una spinta che arriva dall’Europa, nei confronti della quale si vuole procedere con puntualità e programmaticità. Ha chiarito, inoltre, come il rispetto dei criteri ambientali minimi (cosiddetti CAM) ad oggi risulta obbligatorio ai sensi dell’art. 57 comma 2 del Nuovo Codice degli Appalti Pubblici (DLgs. 36/2023) in caso di gare d’appalto; per tale ragione, le modalità di intervento che si prefigurano per il settore cinematografico vanno nella direzione di linee guida ad applicazione volontaria.
Martina Pagliaccia (Cinecittà), ha stressato l’importanza di promuovere lo sviluppo ambientale sostenibile anche rispetto all’efficienza energetica e tecnologica del ciclo produttivo tipico dell’industria audiovisiva; in tale ottica, ha ricordato come Cinecittà sia depositaria di risorse PNRR che devono rispettare il principio del “do not significantly harm (DNSH)” richiesto a livello europeo, individuando tipologie di investimenti che non danneggino l’ambiente; i progetti in pista sono ispirati a tale principio, come nel caso del progetto “Cinecittà Regeneration”, che mira ad ottimizzare il riuso e il riciclo degli scarti delle produzioni.
Francesco Manfio (APA) ha posto in evidenza tre prioritarie prospettive con cui il settore deve guardare alla sostenibilità: un primo aspetto puramente “etico”, un secondo che guarda ai contenuti veicolati attraverso le opere, potenzialmente capaci di orientare il “pensiero” verso i temi ESG; al riguardo ricorda però come una ricerca dell’Università della California del Sud su un campione esteso di opere, abbia verificato che solo lo 0,6% di queste affronta il tema della sostenibilità. Una terza prospettiva è riferita alle tecnologie; qui Manfio ha evidenziato un elemento di forte contraddizione: la tendenza ad un cambiamento continuo di formati che porta all’adozione di tecnologie sempre più inquinanti ed energivore.
Benedetto Habib (Anica) ha richiamato la necessità di fare ordine sulle questioni della gestione d’impresa, per separarle da ciò che riguarda il prodotto audiovisivo. La sostenibilità ambientale può essere interpretata come la sommatoria di tante piccole azioni che portano a risparmiare e, al tempo stesso, a non inquinare, coniugando sostenibilità economica e ambientale.
Il problema, secondo Habib, nasce dalle aziende dalle aziende della filiera, rispetto alle quali le singole società di produzione non hanno le leve per condizionarne la transizione sostenibile, e tuttavia non possono rinunciare alla collaborazione con tali soggetti; ciò vale sia per le imprese fornitrici di generatori, come per quelle fornitrici di automezzi ed altri servizi.
Per Habib, infine, la questione dei protocolli green è delicatissima: è necessario evitare di creare meccanicismi complessi ed ostici sovrapponendo protocolli diversi, di natura privata e pubblica; ciò di cui il settore ha bisogno è di standard di riferimento semplici, efficaci e condivisi universalmente.
Il tema dei protocolli green è stato affrontato nello specifico da Ludovica Chiarini di EcoMuvi, Francesca Verdini promotrice del protocollo Ecoset, e Luca Ferrario, della Trentino Film Commission, promotrice del protocollo regionale Green Film.
Ludovica Chiarini, ricorda come Eco-movie nasca ispirandosi all’idea di “capitale umano” andando ben oltre il semplice “green”; tuttavia, per un approccio più olistico una delle criticità da affrontare è quello dei dati ESG attraverso i quali si potranno rivolgere richieste specifiche ai fornitori e rispondere alle esigenze che oggi sono sul tavolo. Il mercato cinematografico non è certamente tra i settori maggiormente inquinanti; ciò non è altrettanto vero per i suoi fornitori.
Francesca Verdini ricorda come la sostenibilità ambientale debba essere inserita nel contesto più ampio dello sviluppo sostenibile; in tale ottica, la maggiore difficoltà è quella di cambiare la mentalità degli operatori di settore. Le imprese, e le singole persone, si devono adattare ad un nuovo metodo di lavoro, guardando all’impatto ambientale ma anche all’uguaglianza di genere, come alle politiche di remunerazione eque; ovviamente, il tutto nel rispetto della sostenibilità economica. Si dichiara fiduciosa che le attuali contraddizioni in tema di sostenibilità potranno essere superate anche grazie ai giovani che hanno una nuova mentalità e dispongono di nuovi strumenti, anche riferiti ad una più moderna formazione, a cui fare riferimento.
Luca Ferrario ha sottolineato come, affinché continui una transizione più armonica di quella attuale, debbano essere attuate politiche pubbliche virtuose, a valere su una forte unione di competenze; per Ferrario, in tema di protocolli e certificazioni green, è necessario proporre uno standard pubblico che possa essere condiviso; ricorda, peraltro, come sul tema della sostenibilità, in ambito europeo, veniamo presi ad esempio da Spagna, Danimarca ed altri Paesi che, nello specifico, si sono ispirati ai criteri di Green Film. Ricorda, infine, che, proprio nell’ottica di un’unità di intenti, la Trentino Film Commission ha recentemente lanciato una consultazione pubblica sul tema green aperta a tutti gli stakeholder.
Nell’ultima parte del dibattito, il tema della transizione sostenibile delle imprese è stato affrontato guardando sia all’esperienza aziendale che alla prospettiva di banche e agenzie di rating.
Roberto Natale, responsabile sostenibilità di RAI, ha descritto l’approccio RAI alla sostenibilità. Ha ricordato, innanzitutto, come la Rai debba assumere un ruolo significativo nel cambiamento di mentalità di impresa, riferendosi sia alla sostenibilità ambientale, che a quella sociale.
Da un punto di vista editoriale, per la RAI, la sostenibilità non è un “genere”; non vi saranno, pertanto, canali dedicati; è, piuttosto, un concetto trasversale; tutta la Rai lavora e lavorerà di concerto per rendere i temi ESG parte del quotidiano lavoro di produzione e di contenuti. L’idea è quella di scegliere i progetti anche guardando a come i contenuti approcciano i temi ESG, come pure valutando le aziende, e le produzioni che proporranno i loro prodotti, per come agiscono in tema di sostenibilità. Le stesse strutture fisiche della Rai saranno sottoposte ad una riqualificazione, come nel caso della storica sede di viale Mazzini.
L’obiettivo è che la sostenibilità diventi sempre più popolare: non deve essere un lusso per ricchi, ma qualcosa che deve riguardare la vita di tutti, durante tutti i giorni.
Natale ricorda come al prossimo Prix Italia (75^ edizione) partirà un importante progetto pilota di sostenibilità ed, in prospettiva, si punta a rendere “sostenibili” storici appuntamenti RAI, quali lo stesso Sanremo.
Il Direttore Generale dell’ABI, Giovanni Sabatini, ha sottolineato l’importanza che la sostenibilità assume nel rapporto banche-impresa, anche per il settore audiovisivo.
Per Sabatini, il settore deve considerare la sostenibilità anche in ragione delle esigenze di finanza privata. Le banche hanno un ruolo fondamentale nel promuovere la transizione sostenibile delle imprese; d’altro canto, le regole europee impongono alle banche di valutare la rischiosità del credito anche considerando i fattori ESG; le imprese che non seguono la transizione sostenibile, rischiano di essere valutate più rischiose e sono esposte a potenziali restrizioni creditizie. Per tale ragione, è opportuno attivare costruttive collaborazioni tra mondo bancario ed imprese, al fine di intraprendere un percorso di accompagnamento alla transizione. Ciò vale, in particolar modo, per le imprese di medie e piccole dimensioni, quali quelle dell’audiovisivo, per le quali il mercato sconta una minore disponibilità di dati, e che possono avere maggiori difficoltà a ripensare i propri modelli operativi e gestionali.
Jacopo Schettini, di Standard Ethics, ha chiarito la differenza dell’approccio di valutazione dei rating rispetto a quello dei protocolli e delle certificazioni. Green di per sé non vuol dire sostenibile; occorre mettere a sistema moltissimi elementi che devono avere il giusto peso nella valutazione finale e che, ovviamente, fanno riferimento ai tre fattori ESG. Nei rating la bussola sono le indicazioni delle istituzioni sovranazionali, quali le Nazioni Unite, piuttosto che l’OCSE e la Commissione Europea. In questa direzione, ad un’impresa non è sufficiente essere green per essere definita sostenibile, ma dovrà anche rispettare parametri di uguaglianza di genere, ad esempio con adeguate rappresentanze femminili nel CDA, come testimoniare dissociazioni partecipative da soggetti controversi. Il rating ESG adotta una lente di osservazioni corporate, che valuta l’impresa a 360 gradi in materia di sostenibilità; per tale ragione i rating sono classici riferimenti anche per banche ed investitori che devono valutare la rischiosità di un investimento o di un finanziamento anche in ottica ESG.
Infine, Federico Giuseppini, in rappresentanza di Smart Consulting Group, in base alla propria esperienza di assistenza alle imprese nazionali ed alle coproduzioni internazionali, ha chiarito come oggi sia più che mai necessario un dialogo costante tra imprese, istituzioni ed associazioni di categoria per arrivare a definire i criteri di una buona sostenibilità. Ricorda come, in Italia, abbiamo pochissime imprese di dimensioni rilevanti e la polverizzazione del sistema imprenditoriale richiede di recepire un messaggio complesso semplificandolo in un’ottica di proporzionalità. Le parole chiave diventano comprensione e adeguamento, in un percorso di transizione che deve partire dai protocolli di produzione per estendersi all’impresa, alla sua governance, alla sua gestione ed alla sua linea editoriale.
(Mo.Sa.)