(a cura di Andrea Gropplero - materiali Cinecittario: Archivio Luce)
Questo titolo è la somma di quattro capolavori girati in Sicilia: Stromboli (Terra di dio) di Roberto Rossellini, Respiro di Emanuele Crialese, Il Gattopardo di Luchino Visconti e Nuovo Cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore. Probabilmente la cultura di questa terra è la somma di tante differenti culture che l’hanno attraversata: greca, fenicia, araba, romana, normanna e spagnola. Del resto che cos’è la cultura se non il frutto del conflitto tra contaminazione e isolamento? Isolamento solo fisico, perché quest’isola ha vissuto nei secoli il suo mare più come un limite da superare per unire, che come una frontiera che divide.
Stampa itinerarioRespiro, film del 2002 di Emanuele Crialese vincitore del Gran Prix a Cannes nello stesso anno, è un film girato interamente a Lampedusa. Acqua tutt’attorno che, da una parte porta in Nord Africa, dall’altra in Sicilia e nel resto del mondo. Il film di Crialese racconta di Grazia (Valeria Golino), sposata a un pescatore (Vincenzo Amato) e madre di tre figli che, depressa dalla coercizione dell’isola, simulerà un suicidio, scambiato per un miracolo dalla comunità. Nel suo quarto film Terraferma, Crialese affronterà sempre a Lampedusa il tema delle immigrazioni sull’isola di profughi e migranti provenienti dal Nord Africa, tema quello dell’immigrazione che, da un altro punto di vista, aveva già affrontato in Nuovo Mondo, film sull’emigrazione italiana nell’America d’inizio secolo.
Il tema della claustrofobia che una piccola isola può generare è anche alla base di Stromboli (terra di Dio) di Roberto Rossellini, nel quale Karin (Ingrid Bergman) una profuga dell’Europa dell’Est, alla fine del secondo conflitto mondiale, sposando Antonio (Mario Vitale) un pescatore che seguirà a Stromboli, vivrà in modo differente. La povera vita di coppia nell’isola, fatta di pesca e poco altro, resa complessa da terremoti ed eruzioni, andrà stretta a Karin che deciderà di fuggire scalando il vulcano in attività. Il mare tutto attorno a Stromboli rende ancora più distante per Karin il mondo e le possibilità che la vita dopo la guerra e le sofferenze può offrire. Una distanza che si accorcia solo davanti a un sogno di ricchezza rappresentato dalla pesca abbondante della palamite (piccoli tonni), dalla mattanza del tonno rosso o da un polipo appena pescato (e che ci immaginiamo cucinato all’inferno o alla luciana). Memorabile la scena della mattanza del tonno rosso, girata dal maestro del neorealismo con dovizia di particolari, in stile documentaristico.
La scena della mattanza del tonno rosso che Rossellini racconta nella tonnara volante di Stromboli è un rito millenario che in tutta la Sicilia si perpetua dall’827 portato sull’isola dall’Arabo Abad Al Furat che costruì il primo castello e la tonnara di posta a Favignana, nelle Egadi, ultima tonnara a chiudere la sua attività nel 2008. La pesca del tonno era praticata fino dalla preistoria ed ebbe la sua massima diffusione nell’antichità con i Romani dal III secolo a.C. al III secolo d.C., fino all’invenzione araba delle tonnare. La tonnara è l’insieme delle reti da pesca del tonno e consiste nel creare con queste una serie di stanze dove vengono fatti circolare i tonni fino alla stanza finale, chiamata "camera della morte", ove una rete posta sul fondo della stanza solleva i tonni in modo che i pescatori li possano arpionare e trascinare sulle imbarcazioni.
La cucina siciliana è stata influenzata da tutti i popoli con cui è venuta in contatto o da cui è stata dominata, sviluppando nei secoli una natura unica, scenografica e raffinatissima.
Innanzitutto fu influenzata dai Greci che portarono l’olio, il vino, il miele e i dolci, e gli eccellenti cuochi siciliani venivano spesso invitati ad Atene, Sparta e Corinto dove la loro cucina fu molto apprezzata. La Sicilia diede i natali a due grandi cuochi del tempo, Labdaco di Siracusa e Miteco Siculo, e al primo grande gastronomo, Archestrato di Gela, autore del poema Gastronomia, un trattato di cibi e di viaggi. “…Miteco da Siracusa, uomo colto, ed erudito, mandava fuori il cucinare siciliano, ed insegnava alla Grecia l'arte di condire i cibi alla maniera di Sicilia che riputavasi allora la più squisita” (Domenico Scinà, Storia letteraria di Sicilia ne' tempi greci).
Dopo i Greci vennero i romani e portarono con loro molti ingredienti e la cucina del quinto quarto: molti piatti con le interiora di animale sono ancora presenti nella cucina siciliana, come le stigghiole e la meusa.
La vera rivoluzione nella cucina siciliana però la portarono gli arabi, con i limoni, gli aranci, la pasta, lo zafferano e le nuove tecniche di pesca. Profumi e spezie si avvicendarono e i dolci presero nuove forme ed ingredienti e si narra che una pasta al pesce fosse di gran moda all’epoca degli arabi in Sicilia: la pasta con le sarde. Si dice che gli arabi portarono anche il riso, poi commercializzato dagli spagnoli, anche se altre fonti dicono che il riso fu portato proprio dalla dominazione spagnola e che, a parte l’uso negli arancini e in pochi altri piatti, non ebbe grande successo sull’isola. Successo che ebbe invece il couscous portato sempre dagli arabi e che nel trapanese e nelle isole Egadi si usa fare con il pesce e con i crostacei, tra cui l’aragosta.
Poi arrivarono i normanni, che portarono la cipolla, la pasta frolla e alcune tecniche di cottura e soprattutto amministrarono e regolarono la pesca e facilitarono l’incontro tra la cucina popolare e la cucina “alta” dei signori.
La Spagna ebbe grande influenza nella cucina siciliana, soprattutto per quanto riguarda i dolci, i fritti e le impanature. Furono gli spagnoli a portare il pan di Spagna ingrediente fondamentale della cassata siciliana e a loro si deve anche la tecnica del cannolo siciliano.
In Nuovo Cinema Paradiso (1988), vincitore del Gran Prix a Cannes e dell’Oscar come miglior film straniero, Giuseppe Tornatore racconta l’amore per il cinema di Salvatore, un bambino di un paese dell’entroterra siciliano, attraverso il rapporto con Alfredo (Philippe Noiret), vecchio proiezionista del cinema del paese. Alfredo perderà la vista a causa di un incendio del proiettore, dovuto alla schicetta o gavetta messa a riscaldare vicino alla forte luce del proiettore. Chissà cosa c’era in quella schicetta: busiate alla norma? anelletti al forno? o un semplice spaghetto al pomodoro?
La Sicilia ama il cinema e grazie alla sua bellezza e alle sue secolari contraddizioni è stata il set naturale di oltre trecento film dal 1913 ad oggi, tra cui diversi capolavori del cinema italiano e mondiale. Forse è questo l’augurio intimo che Tornatore attraverso Nuovo Cinema Paradiso rivolge alla sua terra: che possa presto diventare la California d’Europa, Hollywood del Mediterraneo.
“…se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi.”
La frase che Tancredi (Alain Delon), rivolge a Don Fabrizio Salina (Burt Lancaster) nel film Il Gattopardo, di Luchino Visconti, Palma d’oro a Cannes nel 1963, riassume davvero lo spirito che ha permesso ai siciliani e alla loro cultura, di passare indenni mille dominazioni. Il racconto di Tomasi di Lampedusa nella trasposizione cinematografica di Visconti ci racconta di un conflitto tra il nuovo e il vecchio mondo in Sicilia ai tempi dell’unità d’Italia, che da molte nobili famiglie, fedeli ai Borbone, venne vissuta come una nuova invasione, da altri, come possibilità di rinascita e di liberazione da un giogo secolare.
Tutte queste “presenze”, queste invasioni, fanno della cucina siciliana una cucina meticcia, che ha saputo fare proprie queste influenze e trasformarle in un unicum culinario che è alla base della dieta mediterranea, dal 2008 patrimonio dell’umanità.
In questa frase risiede la verità millenaria di un territorio tante volte conquistato, di un popolo mai fino in fondo assoggettato ai suoi dominatori e di una cultura che ha il respiro profondo del gattopardo.
Tra Favignana e Marettimo, nelle Isole Egadi, non ci sono solamente tonni ma forse le migliori aragoste del Mediterraneo. Infatti in queste isole e nel trapanese in generale è molto diffuso il couscous di pesce e il couscous di crostacei e aragosta. Le preparazioni sono simili ad una zuppa di pesce con l’aggiunta del couscous che viene preparato nella couscoussiera. Quella che però proponiamo è una ricetta tipica di Marettimo: la pasta con l’aragosta in brodo.
INGREDIENTI
Aragosta, cipolla, cannella intera, concentrato di pomodoro, prezzemolo, olio, sale, pepe.
PREPARAZIONE
In una casseruola fare soffriggere nell’olio la cipolla tritata e il prezzemolo. Quando la cipolla è dorata, aggiungere il concentrato di pomodoro e allungarlo con l’acqua. Tagliare l’aragosta in due e poi in quattro, immergerla nel brodo quando è pronto e fare cuocere a fuoco lento per circa due ore.
Mettere l’acqua a bollire e nel frattempo spezzare gli spaghetti (n. 3 o 4) in pezzi di circa un centimetro. Versare la pasta e scolarla a metà cottura; rimetterla nella pentola e aggiungere il brodo dell’aragosta per ultimare la cottura della pasta
Per chi volesse farsi un trailer fai da te su Stromboli, Respiro, Il Gattopardo sul tema alimentare proponiamo questo gioco, dando le indicazioni di entrata e di uscita dai film. Basterà usare un qualunque programma di montaggio ed inserire sulla time-line i dati dei film che vi proponiamo di seguito ed in pochi minuti il gioco sarà fatto.