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‘Palazzina LAF’ - A Taranto la classe operaia non va in Paradiso

27-10-2023 Tempo di lettura: 6 minuti

Ricorda il cinema di Elio Petri, ma anche Fantozzi, con le sue dinamiche aziendali “disumanizzanti” e grottesche, Palazzina LAF, il film di esordio alla regia di Michele Riondino, di cui è anche interprete e sceneggiatore assieme a Maurizio Braucci. Un film di denuncia, che racconta un fatto realmente accaduto alla fine degli anni Novanta del secolo scorso e che fu connotato come il più eclatante caso di mobbing che la storia repubblicana ricordi. Fu proprio in occasione di quell’episodio che venne per la prima volta utilizzata l’espressione “mobbing” per definire un certo tipo di trattamenti persecutori perpetrati sul luogo di lavoro nei confronti di lavoratori e subalterni.

Prodotto da Palomar, Rai Cinema, Paprika Films e Bim con il supporto di Apulia Film Commission, Palazzina LAF è stato presentato alla Festa del Cinema di Roma nella sezione "Grand Public" e sarà in sala dal 30 novembre.

Trama, cast e musiche di ‘Palazzina LAF’

Caterino è uno dei tanti operai al servizio del complesso industriale dell’Ilva di Taranto. Quando i vertici aziendali decidono di utilizzarlo come spia per individuare i lavoratori di cui sarebbe bene liberarsi, l’uomo comincia a pedinare i colleghi e a partecipare agli scioperi solo ed esclusivamente alla ricerca di motivazioni per denunciarli. Fin quando non chiede di essere assegnato anche lui alla Palazzina LAF, un luogo dove una settantina di dipendenti “ribelli” viene confinato senza fare nulla. A lui, operaio delle cokerie, uno dei settori più tossici dell’acciaieria, sembra un privilegio, ma scoprirà a sue spese il precipizio senza scampo in cui si è infilato.

Oltre a Riondino nel ruolo del protagonista, completa il cast un folto gruppo di attori di primo piano della scena italiana composto da Elio Germano, Vanessa Scalera, Domenico Fortunato, Gianni D'Addario, Michele Sinisi, Fulvio Pepe, Marina Limosani, Eva Cela, Anna Ferruzzo, Paolo Pierobon.

Elio Germano interpreta Giancarlo Basile, un viscido dirigente dell’ILVA che sfrutta la rabbia proletaria e inconsapevole del protagonista per spiare i suoi dipendenti e anticiparne le mosse a proprio vantaggio. Vanessa Scalera è invece una delle “recluse” della palazzina, una cinica “signorina Silvani” di fantozziana memoria: brindisina e dunque sensibile quanto il regista alle contraddizioni della sua terra, ha dichiarato di aver accettato il ruolo assegnatole – piccolo ma necessario – per ragioni etiche.

A incorniciare questa storia, le musiche originali firmate da Teho Teardo e la canzone scritta del cantautore tarantino Diodato, da anni attivista come il regista nel tentativo di riscattare la sua città (con Riondino è tra i promotori del 1° maggio di Taranto), intitolata La mia terra, che, in epilogo sui titoli di coda, suona come una dichiarazione d’amore per il martoriato territorio in cui è nato.

Il primo caso di mobbing riconosciuto della storia repubblicana si consumò a Taranto

Riondino ricostruisce dunque una storia della sua città, Taranto, una delle tante legate all’ormai ex ILVA, la controversa fabbrica siderurgica cittadina, a partire dalla ricchissima documentazione processuale e attraverso le testimonianze di chi ha realmente vissuto questa esperienza. L’unico elemento di fantasia è il personaggio che riserva a se stesso, Caterino, un operaio rude, poco consapevole di quello che accade attorno a lui, che accetta di spiare i colleghi e riferirne ai vertici aziendali con la promessa di una promozione mai messa in pratica. Un personaggio ambiguo che, come il protagonista di Cuore di Cane, il romanzo di Bulgakov, vorrebbe dare la caccia ai braccati, ma anche esserne amico.

Il resto della vicenda – raccontato nel reportage letterario Fumo sulla città di Alessandro Leogrande e portato alla luce dalla magistratura – è purtroppo storia vera e si consumò intorno al 1997 nella palazzina LAF (acronimo di laminato a freddo), ormai in disuso, dove erano confinati sotto stretta sorveglianza i lavoratori “ribelli”, e qui venivano piegati psicologicamente, demansionati e umiliati.

Dove è stato girato ‘Palazzina LAF’

Taranto è naturalmente il palcoscenico in cui si svolge questa storia fortemente legata ad uno dei più grandi e controversi impianti siderurgici d’Europa, localizzato nel quartiere Tamburi, dove si sono realmente svolti i fatti.

La masseria caduta in disgrazia dove vive Caterino, con le ciminiere che si intravedono in lontananza, è masseria Fornaro, la cui storia reale va di pari passo con quella raccontata nel film: si trova nella periferia nord di Taranto a qualche chilometro dall'ex ILVA e proprio a causa dell'inquinamento provocato dalla fabbrica fu costretta a sospendere gli allevamenti.

Tra le location utilizzate uno stabile in piazza Giovanni XXIII, nel cuore della città. Alcune riprese si sono svolte anche a Massafra, in provincia di Taranto, mentre l’ingresso, la cockeria e la Palazzina LAF e altri ambienti sono stati ricostruiti all'interno dello stabilimento siderurgico ex Lucchini di Piombino, in Toscana.

Tutte le location di Palazzina LAF.

(Monica Sardelli)

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